Casa Nemorense

Roma: servizi e attività. Guida ai servizi e alle imprese di Roma, mangiare, dormire divertirsi a roma

mercoledì, giugno 15, 2011

Star Wars Music - The Imperial March [The Original!]



Chi l'avrebbe mai detto?

Domani vado a fare un colloquio nella scuola che durante i miei studi sono stato abituato a considerare come "il lato oscuro della psicologia". L'entrata nella sua sede sarà accompagnata da un motivetto simile a questo.
Questo blog giace ormai abbandonato da un bel po' di tempo, quindi non è grave se scrivo una simile bestialità, dato che non la leggerà nessuno: se la Psicoterapia Cognitivo Comportamentale è il Lato Oscuro della Forza, il maestro Yoda...NON È FORSE RENZO CARLI??

domenica, dicembre 14, 2008

Chi se lo prende?

L'annosa questione è: ci troviamo di fronte a un caso di delirio psicotico o a un semplice ritardo mentale?

mercoledì, novembre 12, 2008

Protestate per la 133? Ecco qualcosa che dovreste chiedere

Pubblico una testimonianza del giornalista Paolo Barnard, ha avuto anche un battibecco epistaolare con Travaglio, molto interessante per chi ama il genere...
Buona lettura!
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E’ l’estate del 2000, sono a Boston per la mia prima intervista a Noam Chomsky. A chi non lo conoscesse rammento che Chomsky è il più noto intellettuale dissidente americano di sempre, definito dal New York Times “probabilmente il più importante pensatore vivente”, ed è il linguista di maggior calibro del XX e XXI secolo. Insegna al prestigioso Massachussets Institute of Technology (MIT), dove è professore ordinario.

Bene, sto per incontrare questo mostro sacro della cultura accademica nel suo ufficio all’MIT e vengo avvisato dal suo segretario che l’intervista non potrà durare più di 60 minuti, poiché “Chomsky ha un importante appuntamento alle 17 precise”. Non nascondo a costui il mio disappunto: rappresento un network televisivo nazionale (RAI), sono venuto da oltreoceano per intervistare il professore, ho preso questo appuntamento 3 mesi fa, e ora ho solo 60 minuti per montare la telecamera, i microfoni, fare le prove audio e video, poi sbrigare un tema come il Debito del Terzo Mondo, Fondo Monetario, Banca Mondiale, sperequazione della ricchezza… Niente da fare, il prof. ha un impegno. Fine della discussione.

L’intervista è piacevole, Chomsky è gentile, tutto fila liscio, ma dopo 59 minuti, accidenti a lui, il segretario bussa lievemente alla porta e si mostra a Chomsky attraverso il riquadro di vetro della stessa. Sessanta secondi dopo è l’intellettuale in persona che con un sorriso mi dice “time’s up, sorry..”, il tempo è finito, spiacente. Un rapido saluto, stretta di mano e fuori dallo studio con tutti i marchingegni del mio mestiere. Chomsky richiude l’uscio alle mie spalle.

Sono nell’anticamera indaffarato ad arrotolare cavi, riporre microfoni, controllare le cassette, ma non manco di guardarmi intorno in attesa dell’arrivo di questo ospite così imprescindibile. Non c’è, non arriva, nessuno ha suonato, non ci sono colleghi di altri network in coda per un’intervista. Il segretario armeggia col suo pc, un paio di tizi (presumibilmente docenti) camminano da un ufficio all’altro senza alcuna intenzione di dirigersi da Chomsky, un ragazzino meno che ventenne se ne sta seduto alla mia destra sfogliando testi e appunti. Per il resto calma piatta. Ma dov’è sto pezzo da novanta per cui mi hanno messo le braci al sedere?

Saranno passati sette minuti, quando Chomsky riapre l’uscio dello studio e con fare cortese invita il ragazzino ad entrare. I due si accomodano e iniziano la conversazione, li vedo attraverso il riquadro in vetro. Ancora la mia mente si rifiuta di arrendersi all’ovvia realizzazione, e in un residuo sforzo di capricciosa incredulità mi spinge a chiedere al segretario “ma è quel giovane l’appuntamento importante?”. “Sì, è uno del primo anno, un ordinario colloquio col prof.”, giunge serafica la risposta del mio interlocutore. Riparto per l’Italia.

Devo fare rewind e proprio spiegarvelo? No, sicuramente non serve. Cari studenti, questa scena affatto isolata nel panorama accademico statunitense appartiene a un ‘film’ che se mai verrà proiettato in Italia sarà forse fra un secolo, o probabilmente di più. Essa ci parla di un essere nell’università che dista da noi italiani come Marte dalla Terra, di una riforma vera, epocale, di un concentrato di democrazia, diritti, intelligenza, umiltà, pedagogia, libertà che nessuno qui da noi neppure si sogna di sognare. Noi, poveracci, siamo arditamente alle prese con la preistoria della riforma del sapere e dell’insegnare. Qualcuno, qui, se lo immagina un grande barone universitario italiano sbarazzarsi velocemente della CBS, di France 2 o della ZDF tedesca per onorare un colloquio con un ‘primino’ di neppure vent’anni?

E allora. Chiedo a tutti e con vero pathos: perché abbiamo rinunciato a immaginare un 'altro mondo'? Perché ci facciamo sempre ingannare da chi ci convince che il cambiamento significa conquistare due metri quadri in più di pollaio puzzolente, e non, come dovrebbe essere, miglia e miglia di prati e colline, valli e montagne dove respirare veramente? Perché ci scanniamo per ottenere due metri quadri in più di finanziamenti o di risicate riformucole da strappare alla Gelmini e non lottiamo invece per un’istruzione nuova a cominciare dalla dignità di ogni singolo studente che deve essere il protagonista importante, il numero uno delle priorità di ogni docente, imprescindibile appuntamento senza se né ma, oggetto-soggetto di un diritto attorno a cui ruota tutto il sistema istruzione, e vi ruota con UMILTA'?

Non capite, studenti, che il gioco più perverso dell’era politica contemporanea è proprio il riformismo? E’ quella cosa che ci ha tutti convinti che lottare per i diritti del nostro futuro significhi ottenere qualche decimetro in più nella catena che ci hanno messo ai piedi. Oggi ci hanno convinti, e lo ripeto, che libertà e rivoluzione, che riforma e miglioramento significhino potersi allungare di altri 20 centimetri dal muro cui siamo incatenati nel pollaio in cui siamo rinchiusi. E ce l’hanno fatta: noi siamo proprio ridotti così, completamente dimentichi della possibilità di avere Diritti Veri e una Vita Inedita, ma del tutto inedita, in questo caso un'istruzione da secolo nuovo. Insomma, un'altra esistenza dirompente nel cambiamento, così come l’umanità ha sempre saputo fare nella sua uscita dalla barbarie verso la civiltà. No, nel XXI secolo del riformismo siamo stati ridotto a sentirci trionfanti se un Walter Veltroni riuscirà col referendum a donarci 20 centimetri di riforma dell’istruzione in più. Ed è così in ogni campo del nostro vivere.

No, no e no! Cosa avrete risolto quando e se la Gelmini avrà fatto marcia indietro? Perché non mettiamo tutta questa energia oggi esplosa nelle piazze per arrivare a una scuola che non ci devasti l’anima, che non ci faccia odiare la cultura, che sia il nostro regno del rispetto nell’età più sensibile di tutta la vita, che non ci insegni le virtù del servilismo e dell'arroganza, dove non ci si senta con le ossa svuotate di fronte alle cattedre o ad aspettare nei corridoi i favori dei baroni? Dove a neppure vent’anni si possa entrare a colloquio dal tuo professore sul tappeto rosso, mentre fuori dallo studio, in corridoio, al resto del mondo tocca di aspettare voi e la piena soddisfazione del vostro diritto.

Immaginare in grande, immaginate in grande.

lunedì, novembre 10, 2008

Acqua scorreggiante, ovvero: lo scioglimento del permafrost

Quanto inquina la macchina di Daniele Faro che ogni giorno la usa per andare in facoltà da Corso Francia?

Abbastanza, ma mai quanto questo allegro fenomeno dell'acqua scorreggiante, o del ghiaccio focoso, o dello scioglimento del permafrost.



Certo, ora c'è la crisi, tra un pò israele attaccherà l'iran scatenando forse la III guerra mondiale... sticazzi del permafrost!

Sappiate comunque che la calotta artica tiene sotto ghiaccio un bel pò di metano... i ghiacci si sciolgono e questo metano entra in atmosfera... il maggior contenuto di metano crea effetto serra ed innalzamento della temperatura (parliamo di quantità enormi), l'innalzamento velocizza lo scioglimento ed il processo accelera.

Daniele Faro, vai all'agip e batti il permafrost, se ci riesci!

giovedì, ottobre 16, 2008

Burocrazia, idiozia e ipocrisia,

Riporto qui sotto, in caso possa servire a qualcuno, le procedure burocratiche che dovete attraversare per potervi laureare.
Tanto per cominciare, se come me volete laurearvi a dicembre, dovete avere già la tesi pronta da consegnare in formato digitale firmato dal prof relatore alla Segreteria Amministrativa.
In teoria.
Pare che tutti i professori se ne freghino (giustamente) e ti firmino un cd anche se è vuoto o con dentro il vostro diario delle elementari.
Ma queste sono ovviamente voci di corridoio (ammicco).
Nel mio caso, purtroppo, la tutor mi ha detto che dovevo attenermi alle regole e ho dovuto scrivere la prima stesura della tesi tutta d'un fiato e in meno di un mese.
Comunque il percorso burocratico che dovrete affrontare è il seguente.
- Ritiro della documentazione per la Laurea alla segreteria didattica
- Consegna della documentazione per la Laurea (con il famoso cd firmato) alla segreteria amministrativa
- Consegna di un’altra parte della documentazione alla segreteria (Amministrativa? Eh, no è troppo facile e sensato) didattica.

Il tutto ovviamente dettato da scadenze inalienabili che, per poter avere una proroga per meschini motivi quali morte, lutto, malattia, incidente, guerra civile, bisognerebbe aprire un altro iter burocratico e coinvolgere gerarchie appartenenti anche alla quarta dimensione. Ah, dimenticavo! Ovviamente gli orari delle segreterie sono estremamente ristretti e limitati solo ad alcuni giorni della settimana, lo studente è costretto ad attraversare file di disperazione e frustrazione per poi magari ritrovarsi di fronte alla leggendaria arte - tutta italiana - dello scarica barile. Perché questa sofferenza, già senza senso di per sè, sia moltiplicata di ben tre volte non lo capirò mai. Lo chiederò a Brunetta.

venerdì, ottobre 10, 2008

Storia culturale del XX ebreo II: all'esame io Manno Mauro

Lettera aperta al Presidente della Repubblica Italiana

Signor Presidente,

Da quanto leggo su televideo lei avrebbe dichiarato:
“No all’antisemitismo anche quando esso si travesta da antisionismo”.
“Antisionismo significa negazione della fonte ispiratrice dello stato ebraico, delle ragioni della sua nascita, ieri, e della sua sicurezza oggi, al di là dei governi che si alternano nella guida di Israele”.
Se questo è realmente il suo pensiero, e naturalmente mi auguro che non lo sia, mi lasci dire che queste sono affermazioni errate e gravi e mi auguro che suscitino, da parte di numerosi italiani, una reazione calma e ragionata ma ferma.

Signor Presidente,
mi consenta di dissentire dalla prima frase da lei pronunciata. Lei sostiene che l’opposizione al sionismo è antisemitismo mascherato. Né si può pensare che Lei abbia voluto dire che solo alcuni antisemiti nascondono il loro antisemitismo reale dietro un preteso o falso antisionismo. Lei ha formulato il suo pensiero in modo inequivocabile: per Lei chi è antisionista è antisemita sic et simpliciter. Io sono d’accordo con lei che l’antisionismo è la “negazione della fonte ispiratrice dello stato ebraico e delle ragioni della sua nascita” ma sostengo con decisione che la negazione delle ragioni della nascita dello Stato ebraico e la sua sostituzione con uno Stato democratico unico di ebrei e palestinesi su tutta la Palestina non potrà che arrecare bene agli ebrei, ai palestinesi, ai popoli mediorientali e del mondo intero. Ritengo, e non sono l’unico visto che molti ebrei antisionisti sono dello stesso avviso, che lo Stato sionista per soli ebrei è uno Stato razzista, coloniale e espansionista, non diversamente da quello che era lo Stato razzista per soli bianchi del Sud Africa. La natura sionista di Israele è una minaccia per la pace mondiale e per gli stessi ebrei.

Signor Presidente,
non sono un negazionista dell’Olocausto e non nutro sentimenti anti-ebraici. Desidero solo che gli ebrei in Palestina non neghino ai palestinesi un diritto che rivendicano per sé. I palestinesi, profughi e residenti in Israele o nei territori occupati, hanno diritto a vivere in Palestina in pace e in armonia, godendo delle libertà democratiche che tutti i popoli del mondo meritano. Questo principio che noi non neghiamo agli ebrei di Palestina, Israele lo nega ai palestinesi.
Lei forse è favorevole agli stati etnici? Mi sembrava di aver capito che Lei e il partito da cui proviene eravate favorevoli agli Stati democratici in cui tutti i cittadini sono uguali indipendentemente dalla religione, dall’etnia, dalla cultura o altro, a cui appartengono. Forse mi sono sbagliato. Non capisco perché l’Italia e l’UE si sono impegnati per l’uguaglianza dei diritti tra bianchi e neri in Sud Africa, o si impegnano oggi per l’uguaglianza e la convivenza tra serbi e cossovari in Kossovo, tra macedoni e albanesi in Macedonia, tra musulmani, ortodossi e cristiani in Bosnia, tra sciiti, sunniti e cristiani in Libano e poi sostengano il carattere esclusivamente ebraico di Israele?
Forse Olmert ha chiesto anche a Lei, come ha fatto con il Signor Prodi, di difendere Israele in quanto Stato esclusivamente ebraico e sionista?
Se questo è il suo pensiero, voglio chiederLe:
- se Israele decidesse di deportare i cittadini israeliani non ebrei, come chiede da tempo il ministro razzista Avigdor Lieberman, Lei appoggerebbe questa politica in nome della difesa del carattere ebraico dello Stato israeliano?
- ignora Lei forse che i cittadini non ebrei d’Israele non hanno gli stessi diritti degli ebrei? Non sa forse che è proibito per legge ad un cittadino israeliano non ebreo di acquistare proprietà terriere da un ebreo? Ignora forse che esistono strade che collegano Israele alle colonie nei territori occupati su cui non possono circolare (non i palestinesi dei territori occupati, questo tutti lo sanno) ma i cittadini arabi di Israele? Le ricordo, inter alia, anche che è negato il ricongiungimento al coniuge ad un cittadino arabo d’Israele se questo coniuge proviene dai territori occupati. Spero che Lei sia informato sulla proposta di legge nella Knesset che prevede di togliere la nazionalità israeliana ad un cittadino arabo d’Israele se costui non dichiara fedeltà al sionismo. Si renderà conto che questo corrisponde a volere l’accettazione dell’ingiustizia storica che il sionismo ha fatto ai palestinesi da parte delle stesse vittime dell’ingiustizia.
- Non ritiene che portare quegli ebrei (per fortuna non sono tutti gli ebrei) che sostengono Israele a liberarsi di una forma statale che discrimina i cittadini non ebrei, che impianta colonie su territori fuori dai suoi confini, che conduce una guerra contro una popolazione occupata e indifesa, che possiede armi nucleari e non aderisce al trattato di non proliferazione nucleare e all’AIEA, che è stata condannata mille volte nell’ambito dell’ONU, non equivalga ad un bene per loro e per i palestinesi?
- e infine l’ultima domanda: se l’Italia (che lo ha già fatto nel passato) dovesse attuare una politica discriminatoria verso i suoi cittadini ebrei come Israele discrimina i suoi cittadini non ebrei e dovesse riprendere, malauguratamente, una politica coloniale, Lei non riprenderebbe la lotta contro il regime o il governo che così si comportasse?
Allora perché non si può combattere un regime, quello sionista, che è discriminatorio, razzista e colonialista? Nessuno sta proponendo un nuovo olocausto ebraico, gli antisionisti vogliono solo uno Stato non confessionale, non etnico, non razzista in Palestina, per gli ebrei e per i palestinesi. Non diversamente da quello che sono tutti gli stati autenticamente democratici nel mondo.

Signor Presidente,
si dà il caso che sono uno studioso del sionismo. É quindi sulla base dei miei studi di questa ideologia politica che Le scrivo. Le ricordo alcuni fatti:
Primo tra tutti la collaborazione dei sionisti (di destra e di sinistra) con gli antisemiti, con il fascismo e il nazismo. Si è trattato di una collaborazione lunga ed estremamente dannosa per gli ebrei non sionisti (che allora erano la stragrande maggioranza). Per quanto ciò possa apparire incredibile, la collaborazione dei sionisti con i fascisti, i nazisti e gli antisemiti, storicamente documentata, si fondava su una logica di scambio criminale a danno degli ebrei. I sionisti hanno appoggiato i regimi fascisti e antisemiti prima e durante la seconda guerra mondiale, chiedendo in cambio di permettere loro di portare gli ebrei in Palestina per realizzare il loro progetto coloniale. Gli ebrei che non accettavano di emigrare in Palestina sono stati abbandonati al loro destino. Gli antisemiti erano ben contenti di liberarsi degli ebrei in questo modo. Non è vero che gli antisemiti sono antisionisti come lei sostiene ma è vero proprio il contrario. Non metterà in dubbio, spero, le parole dello scrittore israeliano Yehoshua che qualche anno fa ha dichiarato:

“I gentili hanno sempre incoraggiato il sionismo, sperando che li avrebbe aiutati a liberarsi degli ebrei che vivevano tra di loro. Anche oggi, in una maniera perversa, un vero antisemita deve essere un sionista”. [1]
Lo scrittore israeliano dimentica però di dire che anche i sionisti, in maniera perversa, hanno incoraggiato gli antisemiti affinché allontanassero gli ebrei dai loro paesi e li consegnassero agli attivisti sionisti pronti a portarli nelle colonie in Palestina. Un vero sionista è un amico degli antisemiti.
Questo aspetto vergognoso della storia del sionismo inizia con il suo stesso fondatore, Theodor Herzl. Nell’agosto del 1903, Herzl si recò nella Russia zarista per una serie di incontri con il Conte von Plehve, ministro antisemita dello Zar Nicola II e Witte, ministro delle finanze. Gli incontri avvennero meno di 4 mesi dopo l’orrendo pogrom di Kishinev, di cui era direttamente responsabile von Plehve. Herzl propose un’alleanza, basata sul comune desiderio di far uscire la maggior parte degli ebrei russi dalla Russia e, a più breve termine, allontanare gli ebrei russi dal movimento socialista e comunista. All’inizio del primo incontro (8 agosto) von Plehve dichiarò che egli si considerava “un ardente sostenitore del sionismo”. Quando Herzl cominciò a descrivere lo scopo del sionismo, il Conte lo interruppe affermando: “Predicate a un convertito”.
In un successivo incontro con Witte, il fondatore del sionismo si sentì dichiarare apertamente: “Avevo l’abitudine di dire al povero imperatore Alessandro III: se fosse possibile annegare nel mar Nero sei o sette milioni di ebrei, io ne sarei perfettamente soddisfatto; ma non è possibile; allora dobbiamo lasciarli vivere”. E quando Herzl disse di sperare in qualche incoraggiamento dal governo russo, Witte rispose: “Ma noi diamo agli ebrei degli incoraggiamenti ad emigrare, per esempio dei calci nel sedere”.[2]
Il risultato degli incontri fu la promessa di von Plehve e del governo russo di
“un appoggio morale e materiale al sionismo nel giorno in cui alcune delle sue azioni pratiche sarebbero servite a diminuire la popolazione ebraica in Russia”. [3]
“Se noi [sionisti] – diceva Jacob Klatzkin - non ammettiamo che gli altri abbiano il diritto di essere anti-semiti, allora noi neghiamo a noi stessi il diritto di essere nazionalisti. Se il nostro popolo merita e desidera vivere la propria vita nazionale, è naturale che si senta un corpo alieno costretto a stare nelle nazioni tra le quali vive, un corpo alieno che insiste ad avere una propria distinta identità e che perciò è costretto a ridurre la sfera della propria esistenza. É giusto, quindi, che essi [gli anti-semiti] lottino contro di noi per la loro integrità nazionale. Invece di costruire organizzazioni per difendere gli ebrei dagli anti-semiti, i quali vogliono ridurre i nostri diritti, noi dobbiamo costruire organizzazioni per difendere gli ebrei dai nostri amici che desiderano difendere i nostri diritti”.[4]
Queste parole, e l’atteggiamento conseguente dei sionisti, hanno certo dato argomenti preziosi ai nazisti che sostenevano appunto che gli ebrei erano una nazione estranea nella loro nazione.

“Per i sionisti, affermava senza vergogna Harry Sacher, un sionista inglese - il nemico è il liberalismo; esso è anche il nemico per il nazismo; ergo, il sionismo dovrebbe avere molta simpatia e comprensione per il nazismo, di cui l'anti-semitismo è probabilmente un aspetto passeggero”.[5]

Non è solo cecità politica, è collaborazione criminale col nemico degli ebrei. E Lei, Presidente, vuole chiudere gli occhi su questo aspetto della storia del sionismo? Le ricordo poi che i nazisti rispondevano molto positivamente alle offerte dei sionisti come dimostra questo brano di una loro circolare:
“I membri delle organizzazioni sioniste non devono essere, date le loro attività dirette verso l'emigrazione in Palestina, trattati con lo stesso rigore che invece è necessario nei confronti dei membri delle organizzazioni ebraico-tedesche (cioè gli assimilazionisti)”.[6]

E Reinhardt Heyndrich, capo dei Servizi Segreti delle SS dichiarava:

“Il momento non può più essere lontano ormai in cui la Palestina sarà in grado di nuovo di accogliere i suoi figli che aveva perduto da oltre mille anni. I nostri buoni auguri e la nostra benevolenza ufficiale li accompagnino”.[7]

La colonizzazione della Palestina era ben vista dai nazisti. Tra colonialisti ci si intende. Questo per ricordarLe che i nazisti, con l’aiuto consapevole dei sionisti, hanno colpito solo quegli ebrei che intendevano vivere nei paesi in cui erano nati e non volevano rendersi responsabili dell’occupazione della Palestina e della conseguente e inevitabile cacciata dei palestinesi. Queste vittime ebraiche non erano sioniste, erano semmai assimilazionisti o antisionisti. Dopo l’Olocausto, l’Occidente non ha fatto altro che premiare i sionisti consegnando loro la terra dei palestinesi e facendo pagare a chi non aveva nessuna colpa, il caro prezzo dello sterminio degli ebrei avvenuto per diretta responsabilità di alcuni paesi europei e per l’ignavia di altri nonché per il folle piano sionista. La collaborazione tra sionisti e nazisti é stata possibile anche, al di là dell’aspetto pratico della comune volontà di portare gli ebrei in Palestina, perché l’ideologia sionista e quella nazista avevano un punto in comune, come riconosce l’ebreo sionista Prinz:

“Uno Stato costruito sul principio della purezza della nazione e della razza (cioè la Germania nazista) può solo avere rispetto per quegli ebrei che vedono se stessi allo stesso modo”.[8]

Lo stesso personaggio si rendeva conto della situazione paradossale che si veniva a creare, e ammetteva:

“Per i sionisti era molto disagevole operare. Era moralmente imbarazzante sembrare essere considerati i figli prediletti del governo nazista, in particolare proprio nel momento in cui esso scioglieva i gruppi giovanili (ebraici) antisionisti, e sembrava preferire per altre vie i sionisti. I nazisti chiedevano un «comportamento più coerentemente sionista»”.[9]

E tuttavia la collaborazione andò avanti. Fu una collaborazione multiforme che ricostruisco nel mio saggio “La natura del sionismo”[10]. Le voglio ricordare, per finire, l’invito di Dov Joseph, caporione dell’Agenzia Ebraica, che sul finire del 1944, quando gli ebrei morivano a centinaia di migliaia nei lager, parlando a giornalisti sionisti in Palestina preoccupati delle notizie dei massacri, li mise in guardia contro:

“la pubblicazione di dati che esagerano il numero delle vittime ebraiche, perché se noi annunciamo che milioni di ebrei sono stati massacrati dai nazisti, poi ci chiederanno, a ragione, dove sono i milioni di ebrei per i quali noi rivendichiamo una patria quando la guerra sarà finita”. [11]

Questo può bastare, ma ho l’ardire signor Presidente di consigliarLe di approfondire l’argomento.


La storia del sionismo è una storia criminale, non è sorprendente quindi che i sionisti e lo Stato sionista continuino a trattare così barbaramente i palestinesi. Ma la mia preoccupazione va al di là della tristissima situazione del popolo palestinese che tutti sembrano dimenticare.
Sinceramente, signor Presidente, vogliamo fare la fine degli Stati Uniti in Iraq? Oggi personaggi importanti negli USA, come l’ex presidente Jimmy Carter, o gli studiosi universitari Mersheimer e Walt si sforzano di aprire gli occhi ai loro compatrioti sulle conseguenze della cieca politica estera elaborata a Tel Aviv e nei circoli dei neoconservatori sionisti di Washington che gli Stati Uniti stanno conducendo in Medio Oriente. Crede che la guerra in Iraq sia stata fatta per le armi di distruzione di massa di Saddam? Per la minaccia che l’Iraq rappresentava per l’Occidente? Per l’esportazione della democrazia? Per gli interessi petroliferi americani? Molti sostengono quest’ultima ipotesi (le altre sono miseramente crollate). Ma il petrolio non si compra sul mercato? E poi quanto verrebbe a costare se dobbiamo fare una guerra ad ogni paese produttore? Signor Presidente, la guerra è stata fatta per eliminare un possibile rivale di Israele e per consolidare il dominio sionista in Medio Oriente. Adesso Tel Aviv invita l’Occidente a distruggere l’Iran, e ricatta tutti facendo capire che se non lo facciamo noi, sarà proprio Israele a farlo. Come? Invadendo l’Iran? No Presidente, sappiamo tutti che Israele ricorrerebbe alle sue armi nucleari.
Gli americani si stanno accorgendo, a proprie spese, di cosa voglia dire essersi fatti invischiare in una guerra assurda in Iraq per gli interessi di Israele. E noi non ce ne vogliamo rendere conto. Vogliamo veramente farci coinvolgere nella guerra nucleare contro l’Iran? Nella guerra mondiale contro l’Islam?
Prenda esempio dall’ex-presidente Carter e denunci l’Apartheid di Israele. Se non lo vuole fare Lei, lasci che qualcun altro, per il bene dell’umanità, degli ebrei e dei palestinesi, continui a denunciare il sionismo e si batta per uno Stato unico, democratico, pacifico in Palestina per tutti i suoi abitanti, nessuno escluso.

Signor Presidente,
Lei non si ricorderà di me, eppure noi ci siamo conosciuti e ci siamo parlati. Fu in una triste occasione. Qualche anno fa, all’aeroporto di Fiumicino, Lei in rappresentanza del suo partito venne a portare solidarietà a mia sorella, Marisa, che, dopo aver partecipato ad una manifestazione pacifista a Gerusalemme, solo perché guardava da dietro la vetrata dell’albergo i poliziotti israeliani che massacravano un ragazzino palestinese per strada, perse un occhio quando da un idrante con la stella di Davide spararono uno spruzzo talmente violento da infrangere il vetro e conficcarle una scheggia nell’occhio. Allora veniva a porgere un saluto a mia sorella che aveva pagato per difendere i diritti e la dignità dei palestinesi. Oggi con la sua dichiarazione inaccettabile accusa gli antisionisti, e molti sono ebrei, che si battono per uno Stato democratico in Palestina mettendoli nello stesso immondezzaio degli antisemiti.
Credo, signor Presidente, che i sionisti sono riusciti a fare con Lei, ancora peggio che con mia sorella.
A lei sono riusciti ad accecare non uno, ma tutti e due gli occhi!

Distinti saluti
manno mauro



[1] Jewish Chronicle, 22 gennaio 1982.
[2] Maxime Rodinson, Peuple juif ou problème juif? Parigi, Petite collection Maspero, 1981, pp. 174-75.
[3] Maxime Rodinson, Peuple juif ou problème juif? cit. p. 174.
[4] Jacob Klatzkin, (1925), citato in Jacob Agus, The Meaning of Jewish History, in Encyclopedia Judaica, vol II, p. 425.
[5] Harry Sacher, Jewish Review, settembre 1932, p. 104, Londra.
[6] Circolare della Gestapo bavarese indirizzata al corpo di polizia bavarese, 23 gennaio, 1935, pubblicata in Kurt Grossman, Zionists and Non-Zionists under Nazi Rule in the 1930's, Herzl Yearbook, vol VI, p. 340.
[7] Reinhardt Heyndrich, capo dei Servizi Segreti delle SS, The Visible Enemy, articolo pubblicato in Das Schwarze Korps, organo ufficiale delle SS, maggio 1935.
[8] Joachim Prinz, (1936), citato in Benyamin Matuvo, The Zionist Wish and the Nazi Deed, Issues, (1966/67), p. 12.
[9] Joachim Prinz, Zionism under the Nazi Government, in Young Zionist, Londra, novembre 1937, p. 18.
[10] La natura del sionismo, supplemento al numero 56, novembre 2006, di Aginform.
[11] Yoav Gelber, Zionist Policy and the Fate of European Jewry, p. 195.

sabato, settembre 13, 2008

Pubblicità pericolosamente efficaci.

Sono a casa dopo aver visto Hancock.
Carino, ma questo è un altro discorso. In queste settimane sono andato molto spesso al cinema e, essendo sempre andato allo stesso cinema per comodità non ho potuto fare a meno di notare che hanno trasmesso sul proiettore sempre le stesse pubblicità.
Si inizia con lo spot della Abart, una pubblicità di macchine che non ricordo con Richard Gere che fa il filantropo coi buddisti, uno sulla Renault, uno spot sulle Olimpiadi, uno sulla FIAT, una sul Tronky e uno sulla Clio.
Un bombardamento di manipolazione niente male!
Come se non bastasse, le pubblicità non sono tutte quante all'inizio.
Fanno un po' di pubblicità, poi un trailer di un film e poi di nuovo di pubblicità, distribuendole lungo la durata di tutto il tempo che precede la proiezione del film.
Questo vuol dire che se uno vuole vedersi i trailer e cerca di venire il più tardi possibile per evitare la pubblicità se la becca in ogni caso!
I pubblicitari si stanno sempre più inscaltrendo e, se è vero che nelle agenzie pubblicitarie trovano posto molti psicologi che usano le loro conoscenze per suggestionare le menti, devo fare i complimenti a questi colleghi.
Poi mi ricordo che è colpa della pubblicità se quando vedo un film alla TV devo sorbirmi due palle di pubblicità e devo vedere i titoli di coda di un film troncati per mettere altra pubblicità.
E a quel punto l'ammirazione si trasforma in odio.